Apparentemente diviso tra “Cesare” e “Dio”, talvolta il cristiano corre il rischio di vivere una scissione tra realtà terrena e realtà spirituale, tra l’essere cittadino e l’essere credente, e da tale pericolo il papa, nell’Angelus di domenica, ci mette in guardia: “Questa è una “schizofrenia”, come se la fede non avesse nulla a che fare con la vita concreta, con le sfide della società , con la giustizia sociale, con la politica e così via”. Come cristiani, dunque, siamo chiamati a rendere a Cesare quanto esso ci offre, facendo responsabilmente la nostra parte nel contesto sociale, soprattutto attraverso l’impegno civile; ma al tempo stesso essere consapevoli della nostra appartenenza a Dio. Se la moneta a cui fa riferimento il Vangelo domenicale porta impressa l’effige di Cesare, come donne e uomini di fede ci accompagna la consapevolezza che in noi è impressa l’effige di Dio: “Sulla moneta, dunque, c’è l’immagine dell’imperatore, ma Gesù ci ricorda che nella nostra vita è impressa l’immagine di Dio, che niente e nessuno può oscurare”, dunque appartenenti a Dio, e come tali chiamati a “non essere schiavi di nessun potere mondano”, non lasciaci plasmare da logiche mondane che tradiscono la nostra appartenenza Dio e la nostra identità di Suoi figli, perché ci ricorda Francesco: “A Cesare appartengono le cose di questo mondo, ma l’uomo e il mondo stesso appartengono a Dio: non dimentichiamolo!”
Mario Bamonte